L’ammissibilità, nell’ambito dei PIR Alternativi degli strumenti finanziari derivanti da operazioni di cartolarizzazione, dunque, discende dalla circostanza che il sottostante l’operazione di cartolarizzazione è rappresentato da crediti delle imprese obiettivo della misura agevolativa (Agenzia delle Entrate – risposta 25 novembre 2022 n. 577). La Legge di bilancio 2017 ha previsto un regime di non imponibilità, ai fini delle imposte sui redditi, dei redditi di capitale e diversi, percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori di attività d’impresa, nonché dagli enti di previdenza obbligatoria (cd. Casse di Previdenza) e dalle forme di previdenza complementare (cd. Fondi pensione) derivanti da investimenti operati tramite PIR che rispettino le caratteristiche espressamente previste dalla normativa. Relativamente alla possibilità di includere tra gli investimenti qualificati anche quelli rappresentati da prestiti e crediti, nel paragrafo 2 della circolare n. 19/E del 2021 è stato precisato che possono essere immessi all’interno del PIR anche Asset Backed Securities (ABS) emesse da special purpose vehicle di cartolarizzazione di crediti di imprese fiscalmente residenti in Italia e/o di imprese residenti in Stati membri UE o in Stati SEE aventi una stabile organizzazione in Italia. In tale contesto, attraverso l’investimento in titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione si persegue la finalità di convogliare le risorse finanziarie, immesse nei PIR Alternativi, alle imprese obiettivo della misura agevolativa tramite fonti di finanziamento, ulteriori rispetto agli strumenti finanziari, quali l’investimento in prestiti e crediti delle predette imprese.
Come chiarito nella circolare n. 19/E del 2021, l’obiettivo perseguito dal legislatore attraverso l’introduzione del PIR Alternativo è quello di utilizzare il risparmio come risorsa finanziaria della collettività indirizzandolo su investimenti illiquidi al fine di assicurare risorse, in termini di capitali, al settore delle piccole e medie imprese.
Si tratta, infatti, come dichiarato nella relazione illustrativa, di una misura di carattere strutturale volta a incentivare gli investimenti, sia in capitale di rischio sia in capitale di debito, nell’economia reale e, in particolare, nel mondo delle società non quotate, potenziando la capacità dei PIR di convogliare risparmio privato verso il mondo delle piccole e medie imprese.
Come noto, per la costituzione di un PIR Alternativo occorre rispettare i seguenti vincoli di investimento:
– per almeno i due terzi dell’anno solare di durata del piano, almeno il 70% del valore complessivo del PIR deve essere investito, direttamente o indirettamente, in strumenti finanziari, anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione;
– gli strumenti finanziari, oggetto dell’investimento di cui sopra, dovranno essere emessi o stipulati con imprese fiscalmente residenti in Italia, con imprese residenti in Stati membri dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE). Sia le imprese residenti nell’UE che quelle residenti in Stati SEE devono avere una stabile organizzazione in Italia;
– le imprese, oggetto degli investimenti, devono essere diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati;
– gli investimenti possono essere rappresentati anche da prestiti e crediti erogati alle predette imprese.
A tale proposito si osserva che, nel medesimo paragrafo del documento di prassi citato, viene prima chiarito che le somme o i valori conferiti nel piano nell’ambito della quota obbligatoria possono essere destinati anche “indirettamente” agli investimenti qualificati che caratterizzano ciascuna tipologia di PIR.
Pertanto, ai fini della valorizzazione nell’ambito degli investimenti qualificati detenuti nel PIR, anche degli investimenti effettuati indirettamente, rileva l’investimento sottostante (i.e. look through).
Al riguardo, come già anticipato, deve trattarsi di imprese diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati (imprese target), in quanto la misura tende ad indirizzare gli investimenti verso le imprese di minori dimensioni.
L’ammissibilità, nell’ambito dei PIR Alternativi degli strumenti finanziari derivanti da operazioni di cartolarizzazione, dunque, discende dalla circostanza che il sottostante l’operazione di cartolarizzazione è rappresentato da crediti delle imprese obiettivo della misura agevolativa.
Nel caso di specie, considerato che l’oggetto dell’investimento della società di cartolarizzazione immobiliari non è costituito da crediti di imprese target, ma dai proventi derivanti dalla titolarità dei beni immobili, beni mobili registrati e diritti reali immobiliari in capo alla medesima società di cartolarizzazione, i titoli emessi da società di cartolarizzazione immobiliare possono essere inclusi nella quota libera del 30% del valore complessivo del patrimonio investito nel PIR.