E’ lecito che il datore di lavoro crei un falso profilo facebook per controllare il lavoratore. Lo afferma la Cassazione con la sentenza n.10955/15, precisando però che il fine deve essere quello di “riscontrare e sanzionare un comportamento idoneo a ledere il patrimonio aziendale” e non controllare “l’attività lavorativa più propriamente detta”.
Il ricorrente, dipendente di una SRL era stato licenziato per alcuni riscontrati episodi di assenteismo e, per di più, per essersi intrattenuto con il proprio cellulare, durante gli orari e nei luoghi di lavoro, in alcune conversazione face book, verso un falso profilo (femminile) appositamente creato dallo stesso datore di lavoro.
Per la Cassazione, non si può dire che “la creazione del falso profilo facebook costituisca, di per sè, violazione dei principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto di lavoro (Statuto dei lavoratori legge 300/70), attenendo ad una mera modalità di accertamento dell’illecito commesso dal lavoratore, non invasiva nè induttiva all’infrazione, avendo funzionato come mera occasione o sollecitazione cui il lavoratore ha prontamente e consapevolmente aderito”.
E’ considerato ammissibile dalla Corte, quindi, un controllo difensivo “occulto” sul lavoratore, purché si tratti di un’attività diretta ad accertare comportamenti illeciti diversi dal puro adempimento della prestazione lavorativa. Resta fermo il fatto che le modalità di accertamento non devono risultare eccessivamente invasive, devono rispettare la libertà e la dignità del lavoratore e non devono ledere i generali canoni di correttezza e buona fede contrattuale.
Nel caso concreto i giudici hanno ritenuto che i controlli del datore non avessero ad oggetto l’esatto adempimento della prestazione lavorativa, ma il ripetersi comportamenti illeciti da parte del dipendente, poi effettivamente riscontrati (ed idonei a ledere il patrimonio aziendale sotto il profilo della sicurezza e del regolare funzionamento). Così la creazione del falso profilo face book diventa solo una modalità non invasiva per accertare l’illecito.
La Cassazione ha riscontrato che si sono verificati comportamenti illeciti da parte del dipendente, già manifestati nei giorni precedenti, quando il lavoratore era stato sorpreso al telefono lontano dalla pressa cui era addetto, ed era stata scoperta la sua detenzione in azienda di un dispositivo elettronico utile per conversazioni via internet.