La presunzione di ricavi non dichiarati legittima l’avviso di accertamento dell’ufficio dell’Amministrazione finanziara in caso evidenti incongruenze emerse relativamente ai ricavi dichiarati, tali da far ritenere l’inattendibilità della dichiarazione resa dal contribuente (Corte di cassazione – ordinanza 10 marzo 2022, n. 7805). I giudici della Corte hanno ritenuto legittimo l’operato dell’ufficio dell’Amministrazione finanziaria che pure in presenza di un’attività congrua e coerente agli studi di settore ha ritenuto esigui, incongruenti e inattendibili i ricavi dichiarati sulla base dei dati indicati dal contribuente nel modello degli studi di settore oltre ad alcuni dati.
Nel caso di specie, i dati emersi dal controllo contabile del “Registro dei corrispettivi” e delle “schede carburanti” ed in particolare il fatto che i costi dei carburanti erano attestati trimestralmente ad una cifra piuttosto costante, di circa € 700,00 al trimestre, costo che rimaneva costante in contabilità a prescindere dalla quantità di chilometri percorsi nei vari trimestri, hanno portato a giudicare inattendibilità della contabilità , con la conseguenza di ritenere legittimo l’operato dell’ufficio che sulla base di tali elementi ha ricostruito i ricavi del servizio taxi attraverso l’elaborazione logica di elementi presuntivi fondati su atti ufficiali e dati certi e, quindi, dotati di valore indiziario “forte”.
Sull’argomento i giudici della Corte hanno più volte chiarito che il fatto che l’accertamento tragga spunto da uno studio di settore non esclude che esso possa fondarsi anche su altri elementi significativi aventi i caratteri della gravità, precisione e concordanza. In particolare, l’accertamento tributario può ritenersi basato sugli studi di settore soltanto quando trovi in questi fondamento prevalente, situazione questa, non ricorrente quando, come nella specie, all’esito dell’accertamento mediante studi di settore siano emerse incongruenze nella contabilità d’impresa che abbiano indotto l’ente accertatore ad approfondire l’analisi e quindi a individuare elementi (prevalenti) dell’esistenza di una operatività economica non dichiarata. Ne consegue, che una volta che l’Amministrazione abbia contestato l’anti-economicità di un’operazione posta in essere dal contribuente perché basata su una contabilità complessivamente inattendibile in quanto contrastante con i criteri di ragionevolezza, diviene onere dello stesso contribuente dimostrare la liceità fiscale dell’operazione e quindi di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate a fronte della contestata antieconomicità.