E’ considerato legittimo il licenziamento del lavoratore in infortunio che durante l’assenza lavora presso un altro datore. La Corte di Cassazione, con la sentenza n.19089/17 ha confermato le sentenze del Tribunale e della Corte d’appello che stabilivano la correttezza del licenziamento per giusta causa effettuato dal datore di lavoro.
Nel caso concreto il dipendente era stato coinvolto in un grave infortunio in itinere e, come certificato dal medico dell’INAIL, avrebbe dovuto riprendere servizio dopo 18 mesi (a convalescenza avvenuta). Tale certificato era da considerarsi fidefacente fino a querela di falso, ma non poteva essere messo in discussione da investigazioni private. Durante tale periodo il lavoratore aveva prestato opera nella farmacia della moglie con regolarità ogni giorni per 6 ore al giorno, per la maggior parte del tempo in piedi, servendo i clienti, rilasciando scontrini e parlando con i rappresentanti. Si trattava, quindi, di un lavoro stancante che avrebbe potuto pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio.
La Corte ha citato la giurisprudenza prevalente che stabilisce come costituisca illecito disciplinare l’espletamento di attività extralavorativa durante il periodo di assenza per malattia, non solo se da tale comportamento derivi un’effettiva impossibilità temporanea della ripresa del lavoro, ma anche quando la ripresa sia solo messa in pericolo dalla condotta imprudente. Lo svolgimento di attività extralavorativa in periodo di assenza dal lavoro per malattia, costituisce illecito di pericolo e non di danno. Questo, secondo la Corte, sussiste non solo se quell’attività abbia effettivamente provocato un’impossibilità temporanea di ripresa del lavoro, ma anche quando la ripresa sia stata posta in pericolo, cioè quando il lavoratore si sia comportato in modo imprudente.
Va segnalato un altro passaggio della sentenza e relativo alla facoltà del datore di effettuare controlli sull’infermità del lavoratore solo attraverso i servizi ispettivi degli Istituti. Questo vincolo non preclude al datore di accertare (al di fuori delle verifiche sanitarie) le circostanze di fatto atte a dimostrare l’insussistenza della malattia, o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato d’incapacità lavorativa e, quindi, a giustificare l’assenza. In sostanza si tratta della possibilità per il datore di accertare lo svolgimento da parte del lavoratore di un’altra attività (violando il dovere di non pregiudicare la guarigione).