Forniti chiarimenti in merito alla possibilità, per i contribuenti interessati, di procedere al cosiddetto “ravvedimento operoso”, in presenza di violazioni derivanti da condotte connotate da “frode” (Agenzia delle entrate – Circolare 12 maggio 2022, n. 11/E). In particolare, i chiarimenti forniti sono finalizzati a rendere coerenti le diverse disposizioni intervenute, negli ultimi anni, che hanno interessato, da un lato l’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, dall’altro le norme contenute nel decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.
L’evoluzione normativa e, in particolare, l’inserimento, al comma 2 dell’articolo 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, del riferimento esplicito agli articoli 2 e 3 del medesimo decreto ha, in estrema sintesi, disciplinato, nelle ipotesi di estinzione del debito tributario, l’estensione delle cause di non punibilità anche ai reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. Tale previsione conferma la volontà del legislatore di incentivare progressivamente il ricorso al ravvedimento operoso ai fini degli effetti penali, senza alcuna distinzione circa la tipologia di reato tributario contestato.
Il predetto comma 2 dell’articolo 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, nonché il comma 2 del successivo articolo 13-bis, nella versione attualmente vigente, legittimano, quindi, l’accesso all’istituto del ravvedimento operoso anche per le condotte dichiarative fraudolente, regolandone le conseguenze penali e precisando le condizioni alle quali tali effetti si realizzano. Disciplinando gli effetti penali prodotti dal ravvedimento – mediante integrale pagamento degli importi dovuti – prima e dopo l’avvio di qualunque attività istruttoria, la norma ammette di fatto la legittimità del ravvedimento stesso anche sotto il profilo sanzionatorio amministrativo. Ciò fermo restando che la legittimità del ravvedimento in ambito amministrativo non soggiace ai limiti posti dalla normativa sanzionatoria penale.
Si pensi, a titolo di esempio, a quanto previsto dall’articolo 13, comma 2, del d.lgs. n. 74 del 2000 (i.e. la «formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali»), che spiega i suoi effetti solo ai fini penali e non anche ai fini del perfezionamento del ravvedimento ai sensi dell’articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997.
Alla luce delle intervenute modifiche legislative, deve dunque ritenersi superata la preclusione al ravvedimento in presenza di condotte fraudolente come espressa con la circolare n. 180/E del 1998, riconoscendo al contribuente la possibilità di accedere allo strumento del ravvedimento operoso per regolarizzare anche le violazioni fiscali connesse a condotte fraudolente.
In linea con le indicazioni in precedenza rese risultano anche i chiarimenti recentemente forniti nella circolare n. 31/E del 23 dicembre 2020 in tema di crediti di imposta ricerca e sviluppo e di ravvedimento nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti, violazione cui si applica la sanzione di cui all’articolo 13, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.
Nel documento di prassi, in particolare, si è precisato che «Fermo restando che per tale sanzione non è applicabile la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo n. 472 del 1997, si rammenta che:
– il contribuente può beneficiare della riduzione delle sanzioni prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 (cd. ravvedimento), anche successivamente alla constatazione della violazione, ma comunque prima che sia stato notificato l’atto di recupero».
Resta fermo che la possibilità di ricorrere al ravvedimento operoso per regolarizzare violazioni fiscali anche connesse a condotte fraudolente:
a) incontra i limiti propri di tale istituto, come individuati negli articoli 13 e 13-bis del d.lgs. n. 472 del 1997 e cioè il rispetto delle regole amministrative previste, a prescindere dalle valutazioni che competono al giudice in sede penale;
b) deve comunque tener conto delle situazioni concretamente in essere e dei relativi riflessi sul quantum della sanzione base. Così, ad esempio, a fronte di un processo verbale dell’autorità competente che constati violazioni legate a condotte fraudolente, sarà possibile il ravvedimento ex articolo 13, comma 1, lettera b-quater), del d.lgs. n. 472. Questo, tuttavia, quale regolarizzazione che avviene dopo la constatazione della violazione, dovrà prendere a riferimento la sanzione determinata applicando a quella per infedele dichiarazione la maggiorazione del cinquanta per cento prevista quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di fatture o altra documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente (cfr. articoli 1, comma 3 e 5 comma 4-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471);
c) non pregiudica in alcun modo le valutazioni sull’efficacia e gli effetti del ravvedimento amministrativo o su quelli dell’estinzione totale o parziale del debito in ambito penale demandate all’Autorità giudiziaria, rimanendo peraltro fermo l’obbligo per gli Uffici di procedere, al ricorrere dei requisiti legislativamente fissati, alla denuncia della notitia criminis ex articolo 331 c.p.p.