Le agevolazioni fiscali per i trasfertisti sono fruibili a patto che si rispettino tre condizioni. Nel contratto o nella lettera di assunzione non deve essere indicata la sede di lavoro; l’attività lavorativa deve richiedere la continua mobilità del dipendente e l’indennità di trasfertista o la maggiorazione di retribuzione deve essere corrisposta in modo continuativo, a prescindere dalla trasferta.
La contemporaneità di questi requisiti trova conferma nella legge 225/2016 di conversione del decreto fiscale, a differenza di quanto affermato in precedenza dalla giurisprudenza. La Corte di Cassazione, infatti, con la sentenza n.396 del 13 gennaio 2012, aveva sostenuto che era sufficiente dimostrare la continua mobilità del lavoratore anche nei casi in cui veniva indicata la sede di lavoro nel contratto o nella lettera di assunzione, o non si trattava di erogazioni continuative.
Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro è intervenuta sull’argomento con un recente approfondimento soffermandosi sui tre requisiti, frutto di una norma di interpretazione autentica, precisando che le novità sono sostanzialmente due. La prima riguarda la modalità di riconoscimento della maggiorazione, in quanto la norma di interpretazione autentica riduce il campo di applicazione passando da una modalità libera (fissa o variabile), ad una modalità più rigida (solo fissa senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta). La seconda novità, invece, sta nel fatto che la norma impone che i tre requisiti siano coesistenti. In mancanza di uno di questi si dovrebbe riconoscere il trattamento previsto per la trasferta dal comma 5, articolo 51 del Dpr 917/1986. Secondo gli esperti, però, il datore di lavoro deve applicare anche le condizioni stabilite dal comma 5, affinché si possa godere del regime agevolato fiscale e contributivo, altrimenti si dovranno versare oneri previdenziali e assicurativi aggiuntivi.
Se in passato un lavoratore svolgeva la propria prestazione in luoghi sempre variabili, ma all’interno di un solo comune, l’azienda poteva qualificarlo “trasfertista” e beneficiare delle fasce di esenzione nella misura del 50%; alla luce del nuovo quadro normativo, invece, la mancanza di uno dei requisiti indicati (ad esempio, la sede di lavoro nel contratto), non consentirebbe l’utilizzo delle fasce di esenzione previste dal comma 5 con conseguente assoggettamento integrale delle somme al prelievo fiscale e contributivo.