Un cittadino italiano che lavora come Ceo presso una holding di Londra e che rientra in Italia, acquisendo qui la residenza, per svolgere nuove e ulteriori mansioni presso una delle controllate della holding, potrà fruire dei benefici per i lavoratori impatriati, in quanto la disciplina agevolativa non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato (Agenzia Entrate – risposta 25 ottobre 2022 n. 524). L’art. 16, DLgs n. 147/2015 che ha introdotto il “regime speciale per lavoratori impatriati”, prevede che il predetto regime spetta al lavoratore che: L’agevolazione è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi. Con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in ordine ai requisiti soggettivi ed oggettivi necessari per accedere all’agevolazione. In particolare, con riferimento al rientro in Italia di lavoratori dipendenti di datori esteri, con la citata circolare è stato precisato che il regime impatriati non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato e, pertanto, che possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti). Con la risoluzione n. 72/E del 26 settembre 2018, inoltre, è stato precisato che l’autonomia dei rapporti contrattuali nell’ambito di un gruppo societario con diverse società ubicate ed operanti in Stati differenti non esclude, al verificarsi di tutti gli altri requisiti richiesti dalla norma in esame, la possibilità di accedere al regime speciale per lavoratori impatriati, a nulla rilevando la circostanza che l’attività lavorativa sia stata prestata con società appartenenti allo stesso gruppo. Con riferimento al caso di specie, considerato che il cittadino italiano non si è trasferito all’estero in posizione di distacco non è necessario, ai fini dell’applicazione del regime impatriati, verificare se il rientro in Italia sia conseguenza della naturale scadenza del distacco e, quindi, in sostanziale continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia, ovvero sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa. Ai fini dell’applicazione del regime agevolativo non è ostativa la duplice circostanza che, il cittadino mantenga la carica amministrativa assunta in costanza del suo precedente rapporto di lavoro con la Capogruppo inglese e che, in base agli accordi con tale società in costanza del suo rapporto di lavoro con la stessa, abbia altresì ricoperto l’incarico di amministratore della controllata italiana prima del trasferimento in Italia.
– trasferisce la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 2 del TUIR;
– non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegna a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
– svolge l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.