Nessuno degli esecutivi alternatisi negli ultimi decenni ha osservato i fenomeni che il mercato del lavoro propone. Nessuno si è posto il problema di come venga somatizzata l’introduzione di una nuova regola dalle parti del rapporto di lavoro. Non si è mai vista una valutazione a monte dell’impatto che possano avere nuove norme sul mercato del lavoro, ma sempre considerazioni a valle, dopo cioè che il danno è stato fatto. Si assiste così ad un’estrema politicizzazione del mondo del lavoro, che ha portato a distorsioni clamorose. Ne è convinto Rosario De Luca, Presidente di Fondazione studi dei Consulenti del lavoro che con un editoriale sulla rivista “Leggi di lavoro” spiega le motivazioni delle sue affermazioni. La più recente distorsione ha riguardato i voucher: istituto considerato essenziale per i fautori di un modello flessibile, oggetto di furia iconoclasta da parte dei sostenitori di una rigida visione del rapporto di lavoro. La verità come sempre sta nel mezzo e, più in particolare, nella capacità di introdurre forme flessibili e di contrastare con severità abusi e distorsioni.
L’equilibrio tra queste due esigenze determina la bontà di un’azione governativa.
Non è pensabile lasciare liberi di agire gli operatori senza porre alcun freno agli abusi; così come non si possono risolvere le distorsioni esistenti abolendo gli istituti. I voucher, nati per sostenere il lavoro occasionale in agricoltura, sono diventati un validissimo strumento anche nel settore del turismo e in ambito familiare. Un’alternativa ai buoni lavoro oggi non esiste e cancellarli vuol dire far tornare nel nero i lavoratori che gli stessi voucher avevano fatto emergere. Un clamoroso errore è stato ampliarne l’utilizzo a tutti i settori economici, che riprova l’assoluta pericolosità di interventi inconsulti e non coerenti.
Per decreto non si crea lavoro, ma un pessimo decreto può distruggere quello già esistente. La lotta alla precarietà è un valore da perseguire, sostenere e difendere, ma non può passare dalla eliminazione di tutto ciò che non è lavoro subordinato a tempo indeterminato. Le piccole e medie imprese italiane non possono sostenere questo tipo di regolamentazione unica. In piena stagione estiva sarebbe logico reintrodurre i voucher nel settore turistico; così come, in vista delle vendemmie autunnali, sarebbe utile ripristinarli nel settore agricolo. Non farlo per motivi ideologici è un male per i lavoratori e per l’intero sistema, prima ancora che per le aziende.